Nonostante le app di tracciamento e la chiusura dei confini, alla fine anche a Singapore l’epidemia di Coronavirus è esplosa in maniera terrificante.
I primi contagi di Coronavirus a Singapore sono giunti tra la fine di febbraio e la metà di marzo. In quel periodo di tempo il governo locale ha deciso di applicare una politica differente da quella italiana: ha chiuso sì i confini, ma ha lasciato che tutte le attività lavorative continuassero. Per tenere sotto controllo il contagio ha fatto ricorso al tracciamento scrupoloso dei contatti, all’isolamento dei positivi ed alle tanto chiacchierate app di tracciamento che permettono di evitare i contatti con i contagiati.
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Il modello Singapore sembrava di successo e vi si faceva riferimento come esempio da seguire per un’eventuale fase 2 in cui riaprire le attività commerciali anche con l’epidemia ancora in circolo. Da due settimane a questa parte, però, la situazione è radicalmente cambiata, visto che nel giro di pochi giorni sì è passati da 1.300 contagi a 10.000 circa. I numeri sono sconfortanti e tracciare una lista di contatti per ogni malato risulta un lavoro arduo. L’isolamento dei singoli non è più applicabile e, sfortunatamente, la popolazione dovrà vivere quello che stanno già vivendo in altri Paesi.
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Singapore: lockdown totale fino a giugno
Lee Hsien Loong, leader della città-stato, ha dichiarato un mese di chiusura un paio di settimane fa. Nonostante il lockdown, però, i casi sono in continuo aumento e ieri lo stesso Loong si è visto costretto a prolungarlo fino al mese di giugno. A quanto pare ad aver fatto breccia in un sistema di protezione e controllo che sembrava perfetto è stata la comunità d’immigrati.
Il focolaio, infatti, sarebbe partito proprio da loro, lo dimostra il fatto che tre quarti dei contagi totali di Singapore provengano dai dormitori in cui risiedono. Il leader della città-stato ha assicurato loro che verranno curati e protetti dal contagio come qualunque altro cittadino singaporese. Inoltre ha invitato tutti i 6 milioni di abitanti a scaricare l’App di tracciamento. Per il momento, infatti, sono un milione di persone lo ha fatto, un numero insufficiente per prevenire in contagi.