Tre settimane fa, in un mercato messicano, il piccolo di 2 anni Dylan Esaú Gómez Pérez era stato rapito.
Era così partita una vasta operazione di polizia alla ricerca del bimbo.
Vasta operazione di polizia che ha portato le forze dell’ordine a fare irruzione – lunedì scorso – in una casa nella città coloniale di San Cristobal de las Casas (città da 150mila abitanti circa nello stato del Chiapas).
Quello che si sono trovati davanti è stato sconvolgente:
23 bambini segregati, costretti a vivere in condizioni precarie e di fatto usati per per vendere souvenir nelle strade della città.
L’età dei giovanissimi sequestrati variava dai tre mesi ai 15 anni.
Secondo quanto dichiarato dalla procura del Chiapas, i ragazzini sono stati “costretti a violenze fisiche e psicologiche per vendere oggetti di artigianato nel centro della città”.
Queste le parole del procuratore Jorge Llaven: “Secondo i bambini, molti di loro sono stati costretti a uscire per le strade per vendere oggetti e sono stati costretti a tornare con una certa quantità minima di denaro per aver il diritto di aver il cibo e un posto dove dormire in casa”.
Tre donne sono state arrestate, accusate di tratta di esseri umani e di lavoro forzato.
I bambini sono stati affidati agli assistenti sociali.
E se i bambini potranno adesso provare a vivere una vita normale, purtroppo Dylan non era tra i bambini sequestrati.
La madre del piccolo, Juana Pérez, ha confermato la circostanza – diramando un annuncio per chiedere aiuto nel trovare il suo Gordito (chiamato così per le guance paffute).