Per alcuni un modello da seguire, per altri emblema di un lassismo che ha comportato migliaia di decessi: il modello Svezia è stato effettivamente un esempio da imitare?

Nelle ultime settimane si è discusso ampiamente delle devastanti conseguenze economiche derivanti dal lockdown adottato da molti Paesi colpiti dal covid-19, prima fra tutti l’Italia. Fra le voci nel coro c’è chi ha paventato l’ipotesi di seguire il modello svedese, da alcuni decantato come il migliore in Europa. Ma è davvero così?
Qual è stata la strategia adottata dalla Svezia
A differenza di tanti altri paesi, quello svedese ha optato per una scelta molto più libera e soft: nessun lockdown né chiusure delle scuole, ed un distanziamento sociale volontario e non imposto dallo Stato. Non si sono fermati neanche i mezzi pubblici, rispetto ai quali il governo ha semplicemente suggerito di limitarne l’utilizzo, così come è stata volontaria la scelta di fare ricorso allo smart working per evitare di recarsi al lavoro. Le misure adottate dal governo, che a suo dire sono state progettate per durare a lungo termine, hanno semplicemente previsto il divieto di assembramento e aggregazione per più di 50 persone, restrizioni alle visite nelle case di cura e il consumo obbligatorio al tavolo e non al bancone in bar e ristoranti.
La lettera di 25 scienziati svedesi contro il modello adottato
“Al momento, abbiamo dato l’esempio per il resto del mondo su come non affrontare una malattia infettiva mortale”, hanno sentenziato 25 scienziati svedesi all’interno di una lettera aperta pubblicata da Usa Today, in cui hanno condannato la gestione governativa della pandemia. “In Svezia, la strategia ha portato alla morte, al dolore e alla sofferenza e per di più non ci sono indicazioni che l’economia svedese abbia avuto risultati migliori rispetto a molti altri paesi“, hanno detto gli scienziati. Parole molto dure che per essere comprese devono essere affiancate da una lettura dei dati.
Il modello svedese ha dunque funzionato davvero?
Fino ad oggi la Svezia ha registrato più di 5600 decessi, oltre 78mila contagi e un tasso di mortalità maggiore se comparato a quello di Danimarca, Norvegia e Finlandia. Per quanto riguarda l’economia, invece, a parlare sono i dati forniti dall’Istituto di statistica svedese, che mostrano come il tasso di disoccupazione non era così alto dal giugno 1997. Bypassare le misure di quarantena non ha dunque comportato la possibilità di bypassare la recessione economica post virus. Secondo una lettura a freddo di tali dati, corroborata dal parere dei 25 scienziati svedesi, sembrerebbe che una strategia di questo tipo sia stata fallimentare. Non la pensa così, invece, l’epidemiologa clinica Helena Nordenstedt, secondo la quale nella comunità scientifica svedese non vi è consenso unanime sul fatto che la strategia nel suo insieme sia fallita.
L’immagine internazionale della Svezia ne è esce profondamente colpita
Sebbene gli svedesi siano riusciti a rispettare il distanziamento sociale senza obblighi, la mancanza di misure restrittive ha fortemente diviso la popolazione svedese, influenzando negativamente il tasso di fiducia nei confronti del governo: rispetto al 63% dello scorso aprile, la fiducia nella capacità governativa di gestire la pandemia è scesa a solo il 45%, come riportato in un sondaggio Novus realizzato lo scorso mese. Al malcontento interno si somma la reazione della comunità internazionale e dei paesi limitrofi, come Norvegia, Danimarca e Finlandia, le quali, una volta riaperte a giugno le frontiere, hanno escluso l’accesso ai cittadini svedesi. Secondo Helen Lindberg, docente dell’Università di Uppsala, “C’è stato un colpo all’immagine svedese di essere questa superpotenza umanitaria nel mondo. La nostra aureola è stata abbattuta e abbiamo molto da dimostrare ora”.
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