Lunga intervista di Giancarlo Dotto al professore Francesco Le Foche, immunologo responsabile del Day hospital di immunoinfettivologia del Policlinico Umberto I, discretamente not per i suoi interventi televisivi a Domenica In.
Intervista sul coronavirus in punta di fioretto, che vi suggeriamo di leggere per intero sul sito Dagospia cliccando qui.
Di seguito, vi proponiamo solo alcuni spunti interessanti emersi dall’intervista (parliamo davvero di un esiguo riassunto: tanto altro materiale sarebbe stato interessante da riportare).
A partire dal concetto di emergenza, che sarebbe da superare, anche per la necessità di normalizzare il virus – con cui troviamo a convivere:
“Non entro nelle dinamiche politiche, ma non parlerei più di emergenza. Quanto di un modo diverso di affrontare la situazione. Oltre all’angoscia superflua e ai danni economici ben noti, il concetto di “emergenza” potrebbe causare squilibri organizzativi nella gestione. Un tema di grande attualità”.
Ed è inutile demonizzare i giovani, accusati – con la loro naturale voglia di (mo)vida – di causare assembramenti e portare alla circolazione ulteriore del virus:
“Inutile dire ai giovani non fate questo o quest’altro. Il proibizionismo non risolve, esaspera anzi la tentazione malsana. È mancata una spiegazione comprensibile, chiara ed empatica nei confronti dei giovani e delle persone più semplici. Una comunicazione che arrivi al cuore e che, ancora prima d’informare, dica: “io sono con voi, sono dalla vostra parte”.
Quindi, sul virus in sé – non bisogna pensare sia cambiato, ma che sia cambiata la knowledge della comunità scientifica.
E per spiegarlo, usa una metafora pugilistica:
“Decisamente. Il Mike Tyson che torna oggi sul ring ha più o meno lo stesso sembiante. Lo rispettiamo sempre il suo pugno, ma ora sappiamo bene che possiamo contrastarlo”.
E continua, spiegando il fatto che bisogna essere ottimisti: “Noi abbiamo oggi gli strumenti e i ragionamenti giusti per convivere con il virus. Dobbiamo metterli a disposizione della società”.
Su vaccini e terapie, il professor Le Foche evidenzia specialmente l’utilità e l’efficacia degli anticorpi monoclonali (di cui parlò in abbondanza a suo tempo Burioni)
“C’è questa terapia estremamente innovativa e molto promettente basata sugli anticorpi monoclonali. Funziona, è assolutamente innocua e non dà tossicità. Si applica nella fase acuta della malattia e uccide il virus nel giro di poche ore. Speriamo ragionevolmente di averla pronta per fine anno”.
Quindi, fronte vaccino, se si dovrà ancora attendere per quello per il coronavirus, sarà fondamentale fare quello per l’influenza:
“Da fare assolutamente a inizio autunno. Fondamentale per una diagnosi differenziale immediata. Identificare la natura di una febbriciattola di un bambino, senza che si paralizzi tutto. Seconda ragione, per evitare che l’assommare delle due patologie provochi danni peggiori”.
Ottimismo da parte del professor Le Foche circa una seconda ondata:
“Improbabile. Abbiamo fatto una diagnosi corretta del virus, dopo le prime due settimane di incertezza. Sappiamo come e dove intervenire. Sappiamo, l’abbiamo già detto a marzo, che si tratta di rafforzare la medicina del territorio per evitare che si abbatta un’onda lunga in un contesto attualmente tranquillo”.
Ma, repetita iuvant, ci ricorda la necessità di seguire le note tre regole – sia pur con una modifica sul classico mantra:
usare le mascherine al chiuso (“indossare tutti, sempre, la mascherina negli ambienti chiusi con alto rischio di contagiosità”), lavarsi le mani e – al posto del distanziamento sociale – “equilibrio nei comportamenti. Senza eccessi di paura, ma senza nemmeno sciocche dimostrazioni di forza o presunzioni d’invulnerabilità”.