In cinque a chiederlo, in tre ad ottenerlo, ma dietro la “sporca cinquina” ci sarebbero almeno altri 2mila richiedenti fra assessori e consiglieri regionali e comunali; sempre più forte la pressione su Tridico, presidente dell’INPS, e intanto confessano tre consiglieri di comuni e regioni, e vengono colti con le mani nel sacco vari consiglieri Lega
Dopo il terremoto mediatico che ha visto coinvolti cinque parlamentari che hanno richiesto il bonus da 600 euro per le partite iva, arrivano le prime confessioni da parte di consiglieri di comuni e regioni. Il pressing partitico inizia a far stringere il cerchio attorno ai richiedenti, e aumenta la pressione su Tridico per la pubblicazione ufficiale dei nomi e il superamento del limite imposto per la privacy.
Chi sono i politici che hanno richiesto il bonus
I primi a cedere sotto la mannaia delle pressioni politiche sono stati Anita Pirovano, lista progressista a Milano; Franco Mattiussi, consigliere di Forza Italia in Friuli Venezia Giulia e Jacopo Zannini della lista L’altra Trento a sinistra.
Beccati consiglieri leghisti fra Veneto e Piemonte, ma sono destinati ad aumentare
Alla lista si aggiungono anche quattro consiglieri leghisti di Veneto e Piemonte, due consiglieri regionali della Lega e il vicepresidente della giunta del Veneto: si tratta dei consiglieri Riccardo Barbisan e Alessandro Montagnoli e del vice presidente della giunta Gianluca Forcolin, che si è giustificato affermando che, a inoltrare la domanda, sarebbe stata la sua socia. Barbisan, invece, ha ricevuto il bonus, ma non vi è documentazione che testimoni che la somma sia davvero stata devoluta in beneficienza, come lui stesso ha affermato.
Sempre leghista il consigliere del Piemonte, Claudio Leone, che si è trincerato dietro la restituzione del bonus: “Ho già provveduto allo storno delle cifre all’Inps restituendo i due bonus, ha detto. Secondo alcune indiscrezioni dei quotidiani locali, nella lista dei furbetti c’è anche un altro consigliere regionale della Lega, Matteo Gagliasso. Non resta che aspettare la reazione politica di Zaia sui suoi, che lancia un “appello a tutte le forze politiche: è fondamentale chiarire la vicenda, perchè viene meno la credibilità di tutta la classe dirigente. Se iniziamo a trincerarsi dietro alla privacy non ne veniamo più fuori”.
La giustificazione dei consiglieri comunali: “Non si vive di sola politica”
La Pirovano è arrivata ad autodenunciarsi su facebook, giustificandosi affermando che non vive di politica : “Mi autodenuncio. Non vivo di politica perché non voglio e non potrei. Non potrei perché ho un mutuo, faccio la spesa, mantengo mia figlia e, addirittura, ogni tanto mi piace uscire e durante le ferie andare in vacanza”.
Ma la Pirovano non è la sola ad essersi giustificata in questo modo: “Anche io non vivo di sola politica, pago l’affitto ogni mese e per marzo e aprile sono rimasto senza lavoro e ho chiesto come te i 600 euro visto che con i gettoni di presenza non sarei arrivato a fine mese … ed è giusto rivendicarlo” ha scritto Jacopo Zannini, che attraverso un commento facebook ha ringraziato la Pirovano per aver reso pubblica la richiesta effettuata all’INPS: “Grazie Anita Pirovano anche io sono in Consiglio Comunale a Trento e anche io non vivo di sola politica”, ha scritto.
Sulla stessa lunghezza d’onda anche David Gentili, presidente della Commissione Antimafia e consigliere progressista a Milano: “Io ho un altro lavoro part time e ringrazio Dio di averlo. Durante il Covid ho ricevuto la cassa integrazione. Dovevo rinunciarvi?“.
Ubaldo Bocci della Lega:” Il bonus da 600 euro? L’ho preso, ma per fare beneficienza”
Fra i nomi più rivelanti spunta quello di Ubaldo Bocci, candidato sindaco leghista a Firenze, che nel 2019 ha dichiarato 277 mila euro di reddito. Bocci, ex dirigente Azimut, ha ottenuto il bonus delle 600 euro, trovando una grottesca giustificazione a riguardo: “Ho pensato di chiederli per donarli a chi ne aveva bisogno davvero”, ha dichiarato Bocci, che si è anche giustificato affermando di non essere stato lui a richiederli, ma il suo commercialista: “il commercialista mi disse che avrei potuto averli anche io visto che si trattava di denari a pioggia, dati in maniera sbagliatissima, senza distinguere reddito e posizione di ciascuno. E allora pensai che potevo richiederli per donarli a chi ne aveva davvero bisogno. E cosi’ ho fatto”.
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