Cornavirus, Crisanti: “Non sono ottimista. Arriveremo ad almeno mille positivi giornalieri. I morti arrivano sempre dopo”

Crisanti

Intervistato dal Messaggero, è tornato a parlare il professor Andrea Crisanti, docente di Microbiologia dell’Università di Padova ed ex consulente del governatore del Vento Zaia.

E le sue parole fanno trasparire tutto fuorché ottimismo.

Ed è lui stesso a dirlo esplicitamente:

“Non sono ottimista, mi pare evidente che nel giro di 10-20 giorni arriveremo ad almeno mille casi positivi giornalieri. Quello che non si riesce a spiegare è che più i nuovi positivi aumentano, più crescono le possibilità di avere pazienti in terapia intensiva. E di vedere un incremento dei decessi, purtroppo”.

Parole che devono fare riflettere ma che fino ad ora non hanno riscontro nei numeri comunicati dal Ministero della Salute:

fortunatamente al momento il numero di malati in terapia intensiva è abbastanza esiguo (parliamo di 55 persone) e se è vero che c’è un aumento di positivi, è frattanto da considerare che c’è stato un aumento dei tamponi effettuati.

Riguardo alla diminuzione nel numero dei decessi, il professor Crisanti ci tiene a precisare:

“Purtroppo, questo dato può risultare ingannevole. Guardiamo a cosa sta succedendo negli Stati Uniti. Semplificando: i morti arrivano sempre dopo. Prima c’è un incremento di infezioni, poi, dopo 20-30 giorni, quello dei decessi. Certo, rispetto a marzo e aprile, il sistema sanitario sa rispondere meglio, curare con più efficacia i pazienti, ma già oggi registriamo casi gravi, già oggi vediamo aumentare il numero dei pazienti in terapia intensiva. Per questo sarebbe stato importantissimo tentare di raggiungere il traguardo dei contagi zero, era a portata di mano, abbiamo fallito”.

Bus affollato

E se Crisanti avrebbe categoricamente chiuso le discoteche, nutre ancora maggiori timori legati al periodo autunnale quando la gente tornerà in massa a prendere i mezzi di trasporto pubblico, dove sarà difficile garantire il distanziamento sociale:

“Secondo me aumenteranno sia il numero dei focolai, sia le loro vastità. Ma la verità è che dovevamo quest’ estate avvicinarci a zero casi. Sarebbe stato possibile. Io non so, per esempio, perché per tempo non abbiamo preso le contromisure per limitare i casi di rientro. Non parlo degli immigrati, che sono una parte molto marginale, penso a chi torna ad esempio dalle vacanze in altri paesi d’ Europa. Bisognava attivare i controlli prima, predisporre dei protocolli. Se necessario anche chiudere le frontiere“.

Anche perché il rischio è che i focolai vadano ingrandendosi e a quel punto si andrebbe incontro a lockdown locali:

“Il punto di rottura lo avremo quando i focolai, per dimensioni e per numero, riusciranno a sopraffare la capacità di risposta del sistema sanitario. Si passerà dalla trasmissione a focolaio a trasmissione diffusa. Mi spiace, ma a quel punto dovrà essere chiaro che le zone, le aree, in cui capiterà questo dovranno essere chiuse immediatamente. Non ci sarà alternativa ai lockdown locali“.