Kaing Guek Eav, noto come “compagno Duch”, ha avuto un ruolo centrale nel regime comunista dei Khmer rossi di Pol Pot in Cambogia: come ‘capo degli interrogatori’ aveva ordinato ai funzionari di eseguire terribili torture per crimini inesistenti
Si è spento all’età di 77 anni Kaing Guek Eav, torturatore per eccellenza del regime genocida dei Khmer Rossi in Cambogia, fondato nel 1951 e che governò in Cambogia dal 1975 al 1979, accusato di almeno 1,7 milioni di morti. Capo della rinomata prigione di Tuol Sleng, ‘Duch’ ordinò l’uccisione e la tortura di migliaia di persone verso la fine degli anni ’70. E’ morto presso l’ospedale della capitale Phnom Penh.
Il carcere di Tuol Sleng o S21, ora museo del genocidio
Primo membro della leadership dei Khmer rossi ad affrontare un processo per il suo ruolo all’interno di un regime, nel 2010 ‘Duch’ presso un tribunale delle Nazioni Unite è stato dichiarato colpevole omicidi di massa, torture e crimini contro l’umanità nella prigione dove ricopriva il ruolo più importante.
La prigione era un ex liceo con sede nella capitale Phnom Penh, e da allora è diventato un museo del genocidio. Sotto la guida di ‘Duch’ i funzionari della prigione hanno torturato brutalmente migliaia di detenuti, accusati di crimini che non furono effettivamente commessi.

La prigione era nota per i terribili metodi di tortura ai danni di persone accusate di essere detenuti ritenuti contro rivoluzionari e traditori del regime: essi venivano ricoperti di scorpioni, obbligati a mangiare feci e torturati con scosse elettriche.
Le guardie avevano un‘età compresa tra i 15 ei 19 anni e provenivano da contesti contadini, desiderosi di dedicare la loro vita al nuovo regime dopo mesi di duro addestramento militare. Duch, che era un ex insegnante di matematica, aveva un occhio ossessivo per i dettagli e teneva la sua scuola trasformata in prigione organizzata in modo meticoloso.
“Niente nell’ex scuola è avvenuto senza l’approvazione di Duch. Il suo controllo era totale”, ha scritto il fotografo e autore Nic Dunlop, che nel 1999 trovò Duch nascosto vicino al confine thailandese, due decenni dopo la caduta dei Khmer rossi.
Norng Chan Phal, una delle poche persone sopravvissute all’S-21 (nome in codice del carcere), era un ragazzo quando lui e i suoi genitori furono mandati nella prigione di Duch e interrogati perché sospettati di avere legami con il nemico mortale dei Khmer rossi, il Vietnam.
“Era collaborativo, ha parlato con la corte francamente. Ha chiesto scusa a tutte le vittime dell’S-21 e ha chiesto loro di aprire i loro cuori. Si è scusato anche con me”, ha detto Chan Phal. Duch – al momento del processo un cristiano rinato – espresse rammarico per i suoi crimini.
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