Lei li rubava nell’ospedale dove lavorava mentre lui li eseguiva a pagamento. Ora la paura è che fra le vittime ci fosse qualcuno di realmente positivo
Sono accusati di concorso in falsità materiale, sostituzione di persona ed esercizio arbitrario della professione medica Simona I., infermiera 35enne e Domenico D., di anni 50. Hanno architettato una truffa ai danni di vittime ignare alle quali sono stati rilasciati patentini di falsa immunità da covid-19.
La truffa a Civitavecchia e Roma
Mentre la regione Lazio impone l’obbligo delle mascherine all’aperto dopo l’impennata di contagi, i due truffatori hanno pensato bene di lucrare ai danni dei pazienti e del sistema sanitario. Un vero e proprio atto di sciacallaggio, architettato quasi nel minimo dettaglio: mentre lei rubava i tamponi dal reparto di ortopedia dell’ospedale in cui lavorava, lui li eseguiva a pagamento, falsificando i reperti addirittura con la firma dello Spallanzani.
Ed è proprio da quei falsi reperti che è venuto fuori il raggiro. Tutto ha avuto inizio un mese fa, quando il finto medico ha eseguito i tamponi per tutti i dipendenti di una ditta di pulizie romana, la “Rapida”. L’11 settembre arrivano i risultati dei tamponi: tutti negativi. Ma una dipendente inizia ad avere dei dubbi, in quanto verso la fine del foglio del referto, in piccolo, compare un’ambigua postilla recante la seguente dicitura: non si esclude la positività. Il dubbio assale la dipendente, che decide di recarsi presso l’ospedale Spallanzani per chiedere maggiori chiarimenti al centro di infettivologia, dove le viene spiegato che, in realtà, il responso non è stato realmente emesso da loro. Tramite un’analisi del referto i tecnici dello Spallanzani riescono a risalire a quale sia l’Asl che lo ha emesso: è quella di Roma4, ovvero quella di Civitavecchia. La dipendente si reca lì, ma ottiene la stessa identica risposta: il referto non è stato emesso da loro. Chi è, allora, che ha effettuato questi tamponi? L’Asl Roma4 contatta i carabinieri, che avviano immediatamente le indagini, attraverso le quali le forze dell’ordine sono risalite all’origine della truffa.
Non si ha contezza del numero delle vittime: il raggiro è iniziato ad aprile, e la coppia potrebbe aver fatto centinaia e centinaia di tamponi. Una beffa che gli si ritorcerà conto e che potrebbe costargli molto cara, dato che i capi di accusa a loro carico potrebbero essere aggravati dal fatto che hanno concorso alla diffusione nella malattia nel Lazio.
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