Alcuni agenti sono accusati di aver provato a depistare le indagini, fornendo prove false e cercando di cancellare le registrazioni delle videocamere.
Il 6 aprile 2020 decine di detenuti subirono una violenta rappresaglia degli agenti di polizia dopo una protesta. L’episodio avvenne nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, quando alcuni detenuti avevano chiesto mascherine e igienizzanti per le mani per ridurre il rischio di diffusione del coronavirus. Inoltre, avevano contestato la sospensione delle visite.
Gli agenti avevano usato manganelli e preso a pugni, calci e schiaffi i carcerati, i quali cercarono di proteggersi dai colpi in tutti i modi. Queste violenze sono emerse grazie ad alcuni video. La procura di Santa Maria Capua Vetere ha emesso un’ordinanza a carico di 52 persone, arrestandone ben 8. Tra le persone coinvolte c’è anche il provveditore delle carceri della Campania, Antonio Fullone.
La direzione del carcere e le forze dell’ordine avevano confermato la presenza di alcuni bastoni, sbarre di ferro e di padelle piene d’olio. Queste ‘armi’ sarebbero state preparate dai detenuti per reagire contro le forze dell’ordine.
Il tentativo di depistaggio degli agenti: “Con discrezione e con qualcuno fidato fai delle foto a qualche spranga di ferro…”
Ma la notizia clamorosa è che tutte queste prove contro i detenuti sarebbero state ‘preparate’ dagli stessi agenti.
Infatti, dalle chat WhatsApp è emerso che mentre i detenuti erano all’aria, nelle celle vuote furono scattate foto di sbarre di ferro e di altri oggetti portati lì di proposito dai poliziotti, o di padelle piene d’olio messe sui fornellini. Un modo per depistare il tutto e fare sembrare che i reclusi si fossero attrezzati per aggredire i poliziotti. Le indagini hanno stabilito anche che furono fatti tentativi per cancellare le registrazioni delle videocamere di sorveglianza dimenticate accese.
Queste le parole di Anna Rita Costanzo, commissario capo responsabile del reparto Nilo, a un collega: “Con discrezione e con qualcuno fidato fai delle foto a qualche spranga di ferro… In qualche cella in assenza di detenuti fotografa qualche pentolino su fornellino anche con acqua”.
Sulle foto gli agenti hanno cercato anche di modificare le date, in modo da far credere che esse fossero state scattate l’8 aprile e non il 6 aprile.
Il giudice Enea scrive: “Il tutto serviva ad accreditare la tesi secondo cui le lesioni subite dai detenuti fossero causate dalla necessità di vincere la loro resistenza”.