Il lavoro dei cani molecolari ha portato gli investigatori su un parapetto affacciato sul lago di Santa Giustina. Possibile svolta nella scomparsa della ginecologa 32enne avvenuta il 4 marzo
Un corpo fiutato dai cani molecolari in acqua potrebbe portare ad una svolta il caso della scopmparsa, avvenuta lo scorso 4 marzo, della ginecologa di Forlì in servizio a Cles, in provincia di Trento, Sara Pedri. Sul parapetto del lago di Santa Giustina i soccorritori hanno portato i cani molecolari che avrebbero fiutato qualcosa ma si tratta di operazioni rese difficili dal denso strato melmoso presente sulle acque, che rallenta il lavoro di perlustrazione del lago. Le ricerche non si sono mai interrotte, concentrandosi in questa zona del Trentino situata tra il lago Santa Giustina ed il torrente Noce. Sara, poche ore dopo aver inviato le sue dimissioni all’azienda sanitaria, aveva infatti lasciato l’auto nel parcheggio di un albergo.
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Gli investigatori hanno rinvenuto al suo interno documenti, indumenti ed il telefono cellulare e con questi elementi sono riusciti a ricostruire gli ultimi spostamenti della ginecologa. Il fiuto dei cani addestrati li ha aiutati a circoscrivere l’area delle ricerche fino ad arrivare in prossimità di un dirupo alto circa 50 metri dove avrebbero fiutato le sue tracce. Si teme dunque che da quel punto la donna possa essersi buttata anche se al momento si tratta soltanto di ipotesi dato che non è detto che il corpo rilevato sul fondale del lago sia proprio quello della 32enne. I carabinieri della compagnia di Cles stanno coordinando le indagini e anche la trasmissione Chi l’ha visto? si è più volte occupata di questa vicenda.
Il clima ‘ostile’ nel reparto di ginecologia del Santa Chiara
Secondo quanto ricostruito la 32enne sarebbe stata vittima di mobbing all’ospedale Santa Chiara. Il ministero della Salute ha avviato una serie di controlli dopo che diverse problematiche sono emerse nel reparto di ginecologia e ostetricia; dopo questi episodi Sara sarebbe stata trasferita all’ospedale di Cles fino al giorno delle sue dimissioni e della successiva scomparsa. Il clima di lavoro all’interno del reparto del Santa Chiara sarebbe stato, secondo quanto affermato da cinque ginecologhe, ostile e caratterizzato da costanti pressioni e umiliazioni nei confronti del personale.