Stampata in 3D si chiama Sarco ed è una macchina nella quale viene immesso azoto e sottratto ossigeno, predisposta per il suicidio assistito automatizzato. Presto entrerà nella fase operativa con i primi test
Se ne sta parlando moltissimo in queste ore e presto potrebbe diventare realtà. Stiamo parlando di una capsula hi tech adibita al suicidio assistito automatizzato, presentata nel 2017 e che, come annunciato dal suo ideatore in questi giorni, potrebbe a breve entrare nella fase operativa, debuttando proprio in svizzera dove la morte assistita è regolamentata con opportune leggi. L’inventore di questo dispositivo è un medico australiano e si chiama Philip Nitschke e ha fatto l’annuncio nel corso di un’intervista rilasciata a Swiddinfo, spiegando che si tratta di una via di mezzo tra una bara ed una capsula ermetica per il suicidio: al suo interno il decesso sopraggiunge per ipossia e ipocapnia. Il medico, che è anche attivista per il diritto all’eutanasia, è entrato nei dettagli spiegando che Sarco, questo il nome dato alla capsula, funziona in modo molto semplice.
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Perchè viene stampata in 3D
Dopo essersi posizionati al suo interno bisogna premere un pulsante: in questo modo all’interno viene introdotta una crescente quantità di azoto mentre l’ossigeno viene, parallelamente, aspirato. Ne conseguen una perdita di coscienza della persona, fino al decesso che sopraggiunge senza alcun dolore o paura dal momento che la perdita di coscienza non è associata ad alcuna sensazione di soffocamento o panico. Inoltre non vengono utilizzate sostanze controllate come il sodio pentobarbital. Obiettivo dell’inventore di Sarco sarebbe quello di portare, attraverso questo dispositivo, una regola democratica riguardante il delicato tema del suicidio assistito. Si tratta anche di un dispositivo a suo modo economico poichè nelle intenzioni del suo ideatore vi è la possibilità di stamparlo in 3d abbattendo fino a circa 1000 euro i costi di realizzazione. Infine non occorrerebbero specifiche conoscenze tecnico-scientifiche o riguardanti i medicinali, dato il semplice metodo di somministrazioni. Nitschke sostiene che potrebbero utilizzarla sia malati terminali che persone le cui qualità della vita risulti permanentemente, o in modo molto pesante, compromessa.