Stagflazione, la guerra in Ucraina fa agitare anche questo spettro: di cosa si tratta?

I due anni appena passati di pandemia hanno inferto un duro colpo all’economia italiana già in crisi. Impieghi precari, stipendi risicati e contratti fantocci hanno, infatti, caratterizzato l’ultimo quinquennio, se non di più, del mondo del lavoro nostrano.

Insomma, dopo la crisi finanziaria del 2008 si è fatta molta fatica a rimettere in piedi un asset economico perlomeno sufficiente. Poi è arrivato il coronavirus ed ora la guerra in Ucraina. Si è parlato a lungo delle tante conseguenze che questi due eventi concatenati avranno sul lavoro, sulle nostre vite e sulla sostenibilità del mondo stesso.

Stagflazione

Ha subito, infatti, un’importante battura d’arresto la transizione ecologica promossa dalle grandi super potenze occidentali, a causa dell’invasione da parte del Cremlino. L’Ucraina è il maggior esportatore mondiale di neon, fondamentale per l’incisione laser del silicio con cui vengono prodotti i chip, ma non solo. I prezzi alti derivanti dall’aumento del gas e dell’energia spostano gli investimenti altrove, proprio per compensare la batosta del caro bollette.

“Bisogna essere realisti, allungare i tempi e spostare gli obiettivi della transizione ecologica” – ha dichiarato il presidente di Confindustria Carlo Bonomi un mese fa – “la transizione green può essere realizzata, se accompagnata con investimenti molto forti che oggi non ci sono”. Anche perché potrebbe entrare in gioco da un momento all’altro la stagflazione.

La stagflazione: l’ospite indesiderato delle crisi socioeconomiche

Ma prima di parlare dei rischi della stagflazione, è bene capire cosa sia e quando si manifesta. “Con il termine “stagflazione” si intende una fase dell’economia in cui sono presenti in contemporanea ondate inflazionistiche e stagnazione economica, ovvero la mancata crescita del prodotto interno lordo (Pil)”, scrive Openpolis.

Crisi petrolifera 1973

In altre parole, mentre cresce vorticosamente l’aumento dei prezzi, diminuisce la capacità del potere d’acquisto a causa di un arresto – più o meno forzato – della crescita economica di un Paese, incapace di generare un trend positivo del Pil. Stiamo parlando di un pericoloso rapporto inversamente proporzionale che può portare a delle gravi recessioni economiche e ad un incremento esponenziale del tasso di disoccupazione, come accaduto quasi cinquant’anni fa.

Le crisi petrolifere del 1973 e del 1979 furono due esempi “classici” di stagflazione. A partire dagli anni Settanta, il settore petrolifero entrò in sofferenza, contribuendo a rallentare la forte crescita del Pil avvenuta durante il boom economico. Dal dopoguerra sia l’industria che il settore agricolo dipendevano fortemente dalle energie fossili, la cui  relativa scarsità veniva vista come un rischio nel lungo periodo.

Per questo nel 1973 l’alleanza tra i paesi produttori di petrolio (Opec) decise di fermare le forniture di greggio ai paesi occidentali, causando improvvisi aumenti di prezzo, tradotti in una minore produzione e un maggiore costo dei beni.

Quali sono i rischi oggi?

Il Covid-19 ha bloccato interi comparti produttivi, riducendo all’osso l’economia di molti Paesi, per i quali è stato estremamente difficile ripartire. Dalle industrie allo spettacolo, dalla ristorazione al turismo, tutti questi settori sono stati i protagonisti di una crisi senza precedenti. Eppure ora, le difficoltà legate al post-pandemia, gli effetti della guerra in Ucraina, le sanzioni economiche alla Russia e l’aumento dei prezzi delle materie prime e dei prodotti energetici, concorrerebbero a ricreare una condizione di stagflazione.

L’equilibrio tra crescita economica e un basso tasso di disoccupazione crea delle complicazioni sulla gestione dell’inflazione. Aumentando i posti di lavoro incrementano i consumi e il Pil, ma anche i prezzi crescono. Al contrario, un aumento dei prezzi comporta una diminuzione della domanda che va ad intaccare direttamente il PIL. Si tratta, tuttavia, di un’economia normale, in cui questi aspetti convivono abbastanza bene insieme. Diversa è invece la stagflazione. Gli interventi della banca centrale possono essere attuati per correggere questi fenomeni, l’inflazione alta e la stagnazione economica insieme rendono difficile qualsiasi tipo di azione correttiva.

Eppure, al momento, pare non ci siano rischi concreti, malgrado la Cgia intraveda nella nostra economia la tempesta perfetta della stagflazione. La presidente della banca centrale europea Christine Lagarde ha dichiarato, infatti, che nonostante le incertezze, si vedrà comunque una certa crescita.