Fermare il tempo? Forse si può! Il nuovo studio condotto dal Babraham Institute di Cambridge ha dimostrato come ringiovanire le cellule della pelle. La ricerca, pubblicata sul magazine eLife, ha posto l’attenzione sulla possibilità di cancellare i segni dell’invecchiamento e riconquistare il vigore di una volta.
L’esperimento, infatti, condotto su cellule della pelle umana in provetta, ha ringiovanito di ben 30 anni le cellule, grazie a una riprogrammazione genetica parziale che non le ha fatte “regredire” eccessivamente, ma ha consentito di conservare la loro identità ripristinandone anche la corretta funzionalità. Ma come è stato possibile?
L’invecchiamento è il graduale declino della forma fisica dell’organismo che si verifica nel tempo portando a disfunzioni e malattie dei tessuti. A livello cellulare, l’invecchiamento è associato a funzione ridotta, espressione genica alterata e epigenoma perturbato. Se si agisce proprio sulla riprogrammazione delle cellule somatiche, il processo di conversione delle cellule somatiche in cellule staminali pluripotenti indotte può invertire questi cambiamenti associati all’età.
L’esperimento, spiegato in breve
L’esperimento è stato condotto usando una tecnica di riprogrammazione cellulare messa a punto dal premio Nobel Shinya Yamanaka. L’obiettivo era trasformare le cellule – i fibroblasti tipiche del tessuto connettivo – mature e differenziate in cellule staminali pluripotenti indotte. La tecnica, però, è stata rivisitata e corretta: i ricercatori hanno infatti usato lo stesso cocktail di proteine ringiovanenti (Oct4, Sox2, Klf4 e cMyc, meglio note come ‘fattori di Yamanaka’), ma lo hanno somministrato alle cellule per soli 13 giorni invece di 50.
Così è stato possibile ringiovanire e migliorare la grana della pelle, priva dei segni caratteristici del tempo che passa e che in qualche racconta la nostra storia ed il nostro vissuto. In un secondo momento le cellule sono state coltivate in condizioni normali, in modo da ridiventare cellule specifiche della pelle, tornando a produrre collagene, come le quelle più giovani.
Stiamo parlando di una sorta di processo di “sospensione” che, prelevando e mutando le cellule in una loro versione più potenziata, riesce a portare benefici importanti al nostro organismo. Ma oltre ad un fattore puramente estetico, questa scoperta può rivoluzionare totalmente anche la cura e la guarigione delle ferite stesse. I fibroblasti ringiovaniti, infatti, sono capaci di arrivare più velocemente verso il taglio rispetto a quelli non trattati.
Sulla studio si è espresso anche Giuseppe Novelli, genetista dell’Università di Roma Tor Vergata, come riportato dall’Ansa: “Pochi giorni fa esperimenti simili, ma condotti in vivo su topi, avevano dimostrato che questa tecnica di riprogrammazione parziale non produce instabilità genetica e tumori come accade invece con la riprogrammazione totale, ma gli orologi dell’invecchiamento sono rimasti bloccati per molti organi come fegato, reni, muscoli, milza e polmoni”
“La pelle, invece, ha avuto la migliore risposta al ringiovanimento. E’ stata infatti osservata una rafforzata capacità dei topi di guarire ferite cutanee senza lasciare cicatrici” – ha proseguito Novelli – “I dati inglesi confermano questi risultati e certamente aprono una nuova strada almeno per la pelle. Rinfrescare le cellule negli esseri umani che invecchiano, invece, sarà molto più complicato, dati i pericoli di gravi effetti collaterali. Tuttavia in futuro potremmo pensare di sfruttare il ringiovanimento cellulare per sviluppare trattamenti nuovi con cui rallentare o far regredire malattie che compaiono con l’età, come l’osteoporosi, il diabete e la demenza”.