Il cioccolato non è tutto uguale: quali sono i marchi peggiori? Il risultato di una ricerca ce lo dice

Rendere il cioccolato sostenibile non è un’impresa impossibile. Eppure, alcune aziende continuano a produrre ignorando alcune delle richieste dei propri consumatori. Ecco perché tre di loro sono state considerate le peggiori dalla “Chocolate Collective”.

Mangiare cioccolato è forse uno dei piaceri terreni più buoni e golosi di questo mondo. Tanti di noi avranno sicuramente invidiato il biglietto d’oro di Charlie per visitare la fabbrica di cioccolato di Willy Wonka. Tuttavia, il cioccolato non solo non è tutto uguale, ma alcune marche non sono nemmeno così tanto “dolci” come possiamo immaginare.

Cocoa

Una ricerca promossa dal Chocolate Collective, “The Chocolate Score Card”, ha individuato, infatti, alcune aziende di cioccolato poco attente alla trasparenza e all’etica ambientale e sociale. Come riportato dal sito ‘Green America’, alcuni dei marchi più famosi di cacao stanno cercando di rendere estremamente sostenibile la produzione di cioccolato.  Altri, invece, continuano a ignorare la domanda dei consumatori di cioccolato libero da deforestazione, povertà degli agricoltori e lavoro minorile. Ma cerchiamo di capire meglio di cosa si tratta e quali sono le multinazionali meno interessate alla salute del pianeta.

Cioccolato, oltre il gusto c’è di più

Le aziende selezionate per la l’indagine vanno dalle più grandi multinazionali di cacao e produttori di cioccolato del settore a piccole aziende innovative. Tutte queste insieme, possono avere un grande tributo o avere un grande impatto positivo per le persone e il pianeta.

Deforestazione cacao

Proprio per questo, i parametri della ricerca condotta dalle venti Ong del Chocolate Collective non riguardano ovviamente la bontà del cioccolato in sé, ma altri aspetti della produzione. Insomma, prima di mangiare una barretta o un uovo di Pasqua, è importante sapere da dove, ma soprattutto come è arrivato sulle nostre tavole quel prodotto.

Il primo parametro preso in considerazione è stato la trasparenza e la tracciabilità. Se un’azienda, infatti, non sa da dove arriva il suo cacao, non può davvero garantire che non sia il frutto del lavoro minorile o della deforestazione.

Il secondo parametro è il lavoro minorile. Sempre Green America ha riferito che uno studio condotto prima della pandemia ha stimato che circa 1,6 milioni di bambini lavorano nel settore del cacao, la maggior parte dei quali svolge forme gravi di lavoro. Nonostante gli sforzi delle aziende che promettono di porvi fine, la prevalenza del lavoro minorile è aumentata del 14% negli ultimi dieci anni.

Il terzo aspetto, ancora, è il reddito di sussistenza degli agricoltori. Molti di loro, infatti, guadagnano meno di un euro al giorno il che rende impossibile vivere una vita dignitosa. La fame, le malattie e la malnutrizione sono gli aspetti più terribili e tangibili della povertà dei lavoratori.

Il quarto riguarda, invece, la deforestazione ed il clima. Va da sé che estirpare alberi per lasciare posto alla produzione intensiva di cacao muta l’habitat naturale, impattando negativamente sul clima. Il Ghana e la Costa D’Avorio, ad esempio, hanno perso la maggior parte delle loro foreste negli ultimi sessant’anni.

Agroforestazione e gestione agrochimica sono, infine, gli ultimi parametri dello studio del collettivo. Entrambi gli aspetti hanno a che fare con la coltivazione del cacao in un’ottica più green. L’agroforestazione, infatti, è un modo più ecologico di coltivare cacao che riduce notevolmente l’utilizzo dei pesticidi.

Quali sono le peggiori aziende?

Dopo questa breve – ma si spera interessante – introduzione, siamo giunti alle conclusione. Dall’indagine è emerso che i tre marchi peggiori di cioccolato sono Storck (produttore di Werther’s, Toffifay, Merci), General Mills e Starbucks. Le tre aziende, infatti, non hanno voluto partecipare allo studio, negando al collettivo la possibilità di valutare tutti i parametri.

Tra le compagnie che invece hanno inviato il materiale atto a stabilire il loro punteggio, quelle messe peggio sono Kellogg’s, Morinaga e Meiji. Tutte e tre hanno ricevuto l’uovo rosso – quello che boccia il loro operato – per la tracciabilità, il lavoro minorile ed il salario di sussistenza.