L’accettazione del proprio corpo, ovvero il body positive, ha acquisito negli anni una rilevanza mediatico-sociale crescente, tanto da diventare a tratti anche un movimento “politico” con i suoi rappresentanti di riferimento. Ma quali sono i limiti del body positive?
Partiamo da una semplice considerazione: stare bene con se stessi è il primo passo per conquistare il mondo. Non si può pensare di condurre una vita alla ricerca della perfezione, se non si accettano le proprie fragilità, i propri errori o passi falsi. Ma soprattutto, non si potrà mai piacere a tutti.

Svegliarsi ogni mattina col cruccio di dover cambiare e migliorare l’opinione altrui sul nostro conto, significa dannarsi consapevolmente l’anima, relegandola in un loop di insoddisfazione personale che si alimenta costantemente traendo dalle nostre delusioni e insicurezze tutta la linfa vitale necessaria.
Fatta questa indispensabile premessa, è arrivato il momento del tasto dolente: accettarsi, volersi bene per quello che si è e trarre forza dal propria persona – fatta di carne e pensieri – non significa abbandonarsi, andando alla deriva. La comprensione di sé è il primo gradino, poi serve migliorarsi sempre. Attenzione però: questo non implica raggiungere risultati impossibili, frutto magari più del chirurgo e di Photoshop, che non della generosità di Madre Natura.
Come dice una delle personal trainer più seguite su Instagram, Carlotta Gagna, il lavoro da fare è “accettarsi senza smettere di migliorarsi”. E migliorarsi non è un percorso fatto per la società, per il proprio partner o famiglia; si tratterebbe in questo caso solo di un peso difficile da sostenere a lungo andare. Piuttosto, essere la versione migliore di noi stesse ci permette di scalare il mondo, anche con quei chili in più e quei brufoli in bella vista.
Questo, in breve, è il body positive. Finché vedremo il nostro corpo solo come un nemico, non otterremo nessun risultato. Ma cosa accade quando facciamo del nostro corpo un tossico inno alla resistenza?
Too much body positive: la deriva del corpo ad ogni costo
Il body positive, cioè l’accettazione del proprio corpo, con gli anni è diventato un fenomeno mediatico-sociale crescente. L’attenzione al corpo, destrutturandone ogni canone di bellezza prestabilito e in molti casi impossibile da raggiungere – vitino stretto, chiappe sode e ventre piatto h24 – ha fatto sì che, a tratti, l’ondata di positivity si trasformasse anche in movimento “politico”, con i suoi rappresentanti di riferimento. Uno di questi è la cantante Lizzo, fonte di ispirazione quotidiana per chi viene costantemente deriso per il suo peso.

“Ho capito che il self-love è una destinazione, è la tua vita, tutti i giorni cambierà quello che pensi di te, è così che funzionano la nostra mente, i nostri sentimenti”, ha confessato la cantante in una recente intervista per l’uscita del suo singolo “About Damn Time“. Tuttavia, è sano promuovere a ogni costo il body positive, col rischio di fomentare l’obesità pur di accettare se stessi?
Il messaggio fondamentale del body positive è sì accettarsi, ma perché ci vogliamo bene e teniamo al nostro corpo. Nessuno può o dovrebbe mai giudicare a priori, a prescindere dalla nostra condizione fisica. Ciò non toglie, però, che l’obesità resti una malattia che può inficiare anche pesantemente la nostra esistenza, nonché la nostra salute, diminuendo la nostra aspettativa di vita. Ma questa è solo la punta dell’iceberg. Possono insorgere, infatti, anche problemi cardiaci, come ipertensione, diabete e problemi respiratori. Insomma, tutti aspetti che più che un inno alla libertà, sanno di prigione.