Cosa accadrebbe alla nostra economia se Putin decidesse di chiudere definitivamente i rubinetti?

Dopo mesi di braccio di ferro, sanzioni e ripercussioni economiche, come cambierebbe il PIL di alcuni paesi se la Russia chiudesse, una volta per tutte, i rubinetti del gas? 

Più della guerra, più della crisi di governo o dei fondi del PNRR, la questione che ha tenuto davvero banco in tutti questi mesi è stato il gas russo, fonte di guadagno inesauribile per Putin e indispensabile per l’Occidente. Ricordiamo benissimo ancora le lunghe discussioni sulla condotta eterogenea dell’Unione Europea che non riusciva a trovare un punto d’accordo.

gasdotto
Fonte: Canva

Molto del braccio di ferro tra sanzionare il gas o no dipendeva proprio dalla dipendenza di un dato Paese. Se la Francia, infatti, forte delle sue centrali nucleari, ha sempre optato per una linea intransigente, lo stesso non si può dire di Germania e Italia, principali partner commerciali della Russia per i combustili fossili. Alla fine, però, le sanzioni hanno avuto la meglio, causando la reazione paventata da Putin, chiudere i rubinetti non solo alla Bulgaria e alla Polonia che si erano rifiutate di pagare in rubli, ma anche a Germania e Italia.

Tuttavia, pare che il pericolo gas sia al momento parzialmente rientrato. Dopo lo spauracchio del taglio definitivo del gas – tanto che l’ex esecutivo Draghi erano volato in Algeria con ben 6 ministri per firmare un nuovo e vantaggioso accordo commerciale – ieri il gasdotto Nord Stream ha ripreso funzionare. Si tratta di un gasdotto importantissimo che dalla Russia porta il gas naturale alla Germania che lo smista poi al resto d’Europa.

Pil europei e gas russo: cronaca di una morte annunciata

Insomma, l’interruzione di gas – anche se per lavori di manutenzione programmata -rischiava davvero di mettere in crisi energetica tutti i paesi membri. Tuttavia, al momento l’agenzia energetica tedesca ha fatto sapere che l’apporto di gas resta davvero basso, solo il 30% di capacità.

Crollo del Pil
Fonte: Statista

Si tratta comunque di un piccolo traguardo, dopo la diminuzione costante di gas che aveva allarmato così tanto l’Unione Europea da pensare già a un piano di razionamento, nel caso in cui il presidente russo Vladimir Putin decidesse di non mandare più gas in Europa. Tuttavia, mentre Putin ha solo da guadagnarci, lo stesso non si può dire per alcuni paesi europei. Uno degli effettivi negativi della globalizzazione è proprio l’interdipendenza che, se da un lato salda i rapporti diplomatici – o perlomeno lo scopo sarebbe proprio questo – dall’altro potrebbe minare la stabilità economica dei paesi coinvolti nel caso di crisi.

Ecco perché possiamo parlare di una morte annunciata dei Pil europei, se Putin bloccasse tutte le forniture di gas russo. Ma quali sono in concreto i rischi che corriamo? L’FMI, il l Fondo Monetario Internazionale, ha risposto a questa domanda, facendo una proiezione annuale. A rischiare di più sarebbero Ungheria e Italia con delle previsioni davvero scoraggianti. Nel caso in cui le perdite fossero contenute, i due paesi perderebbero rispettivamente 1,1 e 0,6 % di Pil.

Se invece la mancanza di gas russo dovesse essere molto più pensanti, entrambi gli Stati perdere consistenti punti percentuali. L’Ungheria ben il 6,5 % e l’Italia il 5,7%, in entrambi i casi si tratta di uno scenario difficile da sostenere dagli effetti disastrosi. Eppure, malgrado la Germania dipenda fortemente dal gas russo, grazie alla sua salda economia, il Pil terrebbe abbastanza bene, perdendo nei migliori dei casi solo lo 0,4%, mentre nei peggiori quasi tre punti percentuali.