Taiwan come l’Ucraina: le ultime preoccupanti dichiarazioni del capo della Cia

Questione di antichi retaggi coloniali ritornano prepotentemente nel XXI secolo. La Cina, infatti, sarebbe pronta a riprendersi la sua “isola ribelle”. 

Quando a fine febbraio il presidente russo Vladimir Putin decise di invadere l’Ucraina, minando con un solo carrarmato il principio di autodeterminazione dei popoli, la democrazia e tutta l’intricata matassa della diplomazia internazionale, sin da subito molti analisti avevano predetto che la stessa identica sorte sarebbe toccata a Taiwan, cruccio annoso della Cina.

Taiwan
Fonte: Pixabay

In qualche modo, infatti – motivo anche per cui il partito comunista all’inizio guardò da lontano la guerra, senza prendere posizioni – il governo cinese attraverso la prova della Russia, stava cercando di capire le conseguenze, soprattutto economiche, di un’invasione simile. Quella tesi poi, o se vogliamo previsione, venne accantonata col passare dei mesi, insieme alla guerra stessa e ai suoi racconti dal fronte.

Tuttavia, ora si rifanno insistenti le voci di una presunta invasione di Taiwan da parte Xi Jinping che, malgrado le difficoltà della Russia ad annettere facilmente parti del territorio ucraino al proprio, resta convinto della sua scelta di riprendersi l’isola ribelle. A far trapelare le intenzioni del governo cinese è stato il capo della Cia, Bill Burns, che ha dichiarato all’Aspen Security Forum come: “La nostra sensazione è che non si tratta di ‘se” la Cina invaderà Taiwan ma quando”.

Pillole di geopolitica: il conflitto silente tra Cina e Taiwan

Non si tratterebbe però di un rischio a breve termine, secondo Burns. Tuttavia, “Tali rischi ci sembrano in aumento con il passare del decennio”, ha dichiarato ancora il capo della Cia. Da anni ormai gli Stati Uniti, malgrado non riconoscano Taiwan come uno Stato indipendente, guardano con apprensione le crescenti pressioni militari di Pechino sulla Repubblica di Cina.

Xi Jinping

Proprio per questo, lo stesso Joe Biden il 23 maggio scorso aveva affermato che l’America sarebbe scesa in campo a supporto di Taiwan ,nel caso in cui la Cina comunista l’avesse attaccata, irritando non poco Pechino. Tuttavia, Taipei è il nono partner commerciale degli Stati Uniti, a differenza di Kiev che è solo il 67esimo, ecco perché Biden è stato così repentino e perentorio nelle sue dichiarazioni.

Il governo cinese, però, non ha mai fatto mistero di considerare Taiwan, che è una democrazia, come parte del suo territorio, rifiutando di fatto la sua indipendenza. Si tratta di una questione davvero lunga, possiamo dire però come il secolo breve sia stato segnato, tra le altre cose, da moti irredentisti in tutto il mondo, anche in quello orientale che resta il meno conosciuto.

Taiwan, pur restando legalmente territorio cinese, è un’isola indipendente che non riconosce il governo comunista cinese. Ma non solo. La Repubblica di Cina – da non confondere con la Repubblica popolare cinese guidata da Xi Jinping – sostiene come Taiwan faccia parte di un unico Stato cinese di cui è il legittimo governante, delegittimando così in toto la Cina che non si è mai occupata in passato dell’isola.

La Cina, infatti, ha sempre avuto una forte vocazione di controllo dei confini nazionali, eliminando tutti i possibili elementi di disturbo, che fossero questi geografici, politici o sociali. Il vasto territorio cinese, insomma, ha sempre placato qualsiasi velleità espansionistica di fatto. Prima dei cinesi, quindi, a Taiwan ci furono portoghesi, spagnoli e olandesi, prima di essere definitivamente conquistata dai cinesi per un controllo capillare dei territori vicini.

Insomma, a Taiwan i cinesi hanno sempre visto un’opportunità, non legami storici o nazionalisti. Proprio per questo, la Cina potrebbe invadere l’isola, solo per legittimare il proprio peso politico su tutto il territorio cinese e stabilizzare il suo potere.