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Chi è Filippo Bernardini, il Diabolik dell’editoria che ha ammesso di aver rubato più di mille manoscritti inediti

Ignare le motivazioni che hanno spinto l’uomo, un trentenne originario di Terni, a mettere in piedi questa truffa ai danni dell’editoria. La storia del ladro di manoscritti che ha appassionato tutto il mondo

Era il mese di agosto dell’anno 2021 quando, negli Stati Uniti, due editorialisti del New York Magazine, Reeves Wiedeman e Lila Shapiro, firmavano il loro The Spine Collector, un’inchiesta su un uomo misterioso collezionista di manoscritti inediti.

(Canva)

Il ladro in questione ai tempi non aveva un’identità, ma un elemento era certo: pur riuscendosi ad accaparrare i manoscritti prima della loro uscita e del loro lancio attraverso un sistema che vedremo più avanti, rimanevano ignoti gli intenti del misterioso manigoldo.

Se infatti inizialmente le case editrici sono entrate nel panico più totale per timore che uscissero spoiler online su siti specializzati o che tali inediti venissero offerti sotto riscatto, niente di tutto questo accadeva.

La questione non aveva ovviamente interessato soltanto i due giornalisti, ma anche l’FBI, che per ben cinque anni è andata alla ricerca del misterioso ladro e ha tentato di capire che fine facessero i manoscritti sottratti indebitamente ai loro autori e agli editori che ne avevano l’esclusiva.

E poi, a distanza di mesi dall’uscita del pezzo sulla testata newyorkese, gli agenti federali sono riusciti nel loro intento: quello di smascherare il furfante dell’editoria.

Il Diabolik del mondo editoriale si chiama Filippo Bernardini, è italiano, ha 29 anni, ha una laurea in cinese e, come si legge su Open, ha lavorato presso l’ufficio diritti di Londra della Simon&Schuster, una casa editrice degli Stati Uniti.

Quest’ultima, si apprende dalla BBC, non è stata coinvolta nell’indagine in quanto risultata estranea ai fatti.

Il metodo Filippo Bernardini, il diabolik dell’editoria

Ci sono voluti cinque anni di indagini per comprendere come fosse possibile che l’italiano, originario di Terni, sia riuscito ad entrare in possesso di tutti quei manoscritti, alcuni anche di penne di rilievo, in anteprima rispetto al mondo intero.

1.000, in tutto, gli scritti sottratti, di cui Bernardini è riuscito ad impossessarsi attraverso la creazione di 160 false identità a lui tutte riconducibili.

Il mezzo per mettere a frutto i suoi colpi erano le email: il 29enne, grazie alla sua conoscenza interna del settore, ha impersonato vari personaggi importanti dell’editoria per ingannare le persone e farsi consegnare le proprie opere.

Contattava le vittime via email dopo averle studiate nel dettaglio, metteva in piedi un profilo ad hoc da interpretare e poi passava all’attacco, creando una serie di caselle postali pressoché identiche a quelle originali, ma cambiando solo qualche lettera.

Un metodo che, se a molti potrà sembrare banale, ha sortito certamente gli effetti sperati dal collezionista.

Le vittime e un movente che aleggia ancora nel mistero

Fra la lista delle sue vittime appaiono autori a dir poco illustri, fra i quali Agenti, redattori e giudici del Booker Prize che hanno consegnato senza indugio manoscritti di autori noti quali Dan Brown a Margaret Atwood, la vincitrice di Booker.

Anche in Italia Bernardini aveva tentato di fare il colpo, cercando di accaparrarsi la copia inedita di La vita bugiarda degli altri, un romanzo di Elena Ferrante uscito nel 2019, ma in quell’occasione il colpo non andò a segno.

Diverse le testimonianze in queste settimane di chi era entrato in contatto con il Diabolik dell’editoria, fra le quali quella di Eva Ferri, che al Corriere della Sera ha raccontato quanto sia stata sorprende l’abilità dell’uomo nel raggiungere i suoi scopi:

“Usava le nostre stesse abbreviazioni. Con noi ad esempio ha usato “ms” per dire manoscritto. Aveva il tono giusto, sapeva sempre a chi scrivere e in che lingua”.

Ma qual è il movente di tanto ingegno?

Se inizialmente il timore degli editori era quello del lucro, tutti si sono dovuti ricredere. E sono di fatto rimasti sorpresi.

Margaret Atwood, famosissima scrittrice. Una delle vittime del sistema messo in piedi da Filippo Bernardini

Non è infatti ancora chiaro quale siano state le ragioni che abbiano spinto Bernardini a mettere in piedi questa macchina fraudolenta, considerando che non ha guadagnato nulla da questa complessa operazione.

L’uomo, di fatto, non ha mai chiesto riscatti, né tanto meno ha diffuso il materiale letterario online.

Resta dunque l’ipotesi del puro piacere personale, di una spinta mitomane e ossessiva che lo ha portato ad avere in anteprima mondiale, seppur in modo indebito, migliaia di manoscritti inediti.

“Credo che sia letteraria la risposta a questa domanda, penso, voglio dire, credo che qualcuno lo stesse facendo per il puro brivido di farlo e alla base di questa storia c’è un enigma psicologico, ha dichiarato alla BBC Daniel Sandström, direttore dell’editore svedese Albert Bonniers Förlag, una delle vittime di questa vicenda.

“Una risposta meno romantica – ha aggiunto Sandström – sarebbe che … quest’uomo era qualcuno a cui piaceva sentirsi importante e tirare le fila, e che questo non era altro che un trucco messo in atto per raggiungere questo obiettivo.”

La confessione e la condanna di Bernardini

La condanna di Bernardini, arrestato dall’Fbi nel gennaio dello scorso anno, sembra spiegare un mistero che da anni tormenta il mondo della letteratura e di romanzieri come  Margaret Atwood, Ian McEwan e Sally Rooney, come si legge sulla BBC.

Il collezionista, ad ogni modo, ha confessato di sua sponte di aver rubato più di mille manoscritti, confermando di fatto l’accusa mossa nei suoi confronti dalla procura federale newyorkese nell’ambito di un procedimento per patteggiare la pena.
La condanna di frode telematica arriverà ufficialmente ad aprile e tale reato, sempre secondo quanto riportato dalla BBC, può prevedere una pena fino a 20 anni di reclusione.
“Sapevo che le mie azioni erano sbagliate”, ha ammesso l’italiano davanti alla corte, che dovrà tener conto da un lato dell’estrema lucidità dei suoi atti e dell’altro del fatto che non vi sia stato alcun movente di tipo fraudolento economico alla base di questa macchinazione.
Martina De Marco:
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